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Dal 19 ottobre 2018 al 3 marzo 2019 Senigallia torna ad accogliere i capolavori di alcuni grandi maestri che nel corso dei secoli hanno contribuito ad arricchire i centri adriatici con le loro opere, ospitando nelle sale di Palazzo del Duca la mostra curata da Stefano Papetti "Dai monti azzurri all’Adriatico. Crivelli, Perugino, Giaquinto".

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Dal Rinascimento al Barocco, quattro secoli di arte nelle Marche raccontate attraverso le opere dei grandi artisti che qui sono nati o vi hanno soggiornato e che hanno contribuito a modificare la geografia della Storia dell’Arte.

 

Dal 19 ottobre 2018 al 3 marzo 2019 Senigallia torna ad accogliere i capolavori di alcuni grandi maestri che nel corso dei secoli hanno contribuito ad arricchire i centri adriatici con le loro opere, ospitando nelle sale di Palazzo del Duca la mostra curata da Stefano Papetti Dai monti azzurri all’Adriatico. Crivelli, Perugino, Giaquinto.

Attraverso una ricca selezione di opere provenienti dalla Pinacoteca Civica Fortunato Duranti di Montefortino e da altre istituzioni legate alla Rete Museale dei Sibillini, come la Pinacoteca “S. Gentili” di San Ginesio e la Pinacoteca Civica di Sarnano, luoghi peraltro segnati dai recenti eventi sismici, si illustrerà quel complesso processo di osmosi figurativa, che va dal centro fino alla costa marchigiana, e che Federico Zeri e Pietro Zampetti hanno definito cultura adriatica.

Come afferma Stefano Papetti “si tratta di una stupefacente serie di capolavori che dialogano con il patrimonio artistico conservato a Senigallia, come la piccola tavola di Perugino, autore anche della monumentale ancona della chiesa di Santa Maria delle Grazie che attesta la grande diffusione del verbo peruginesco nel vasto territorio centro italiano, ma anche le tavole di Vittore Crivelli che testimoniano la fortuna dello stile forbito elaborato nelle fiorenti botteghe lagunari in continuo dialogo con il contesto adriatico.”

Un viaggio nella religiosità popolare marchigiana attraverso un affascinante percorso stilistico e iconografico che si dipana dai saloni di Palazzo del Duca con le grandi pale d’altare quattrocentesche fino agli ambienti più raccolti del piano nobile dove sono esposte le nature morte sei e settecentesche, alcune delle quali acquistate alla Fiera di Senigallia, collezionate da Fortunato Duranti, artista marchigiano precursore, in piena stagione romantica, della riscoperta dell’arte barocca.

l percorso espositivo, che segue un ordine cronologico, inizia con la tavola Sant’Andrea e la battaglia fra Ginesini e Fermani (1463ca) di Nicola di Ulisse da Siena nota come la “battaglia della Fornarina” dal nome della fornaia che diede l’allarme dell’arrivo dei nemici e salvò il borgo di San Ginesio dalla distruzione e prosegue con la sublime Madonna orante, il Bambino e angeli musicanti di Vittore Crivelli a testimonianza del fortunato crocevia di artisti che dal Trecento ha legato Venezia e le Marche.

A far da controcanto alla Pala di Senigallia del Perugino, che raffigura la Madonna in trono con Bambino e i Santi Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa, Francesco, Pietro, Paolo e Giacomo, oggi conservata presso la Pinacoteca Diocesana della città adriatica, il drammatico Cristo della Passione dello stesso Perugino che attesta la grande diffusione della sua cifra stilistica nel vasto territorio del centro Italia. Passando per Vincenzo Pagani, Antonio di Benedetto degli Aquili detto Antoniazzo Romano, Simone De Magistris e Machisiano di Giorgio si arriva al Settecento con una serie di dipinti di Corrado Giaquinto, l’artista pugliese che ha operato nelle maggiori capitali italiane ed europee muovendo da Molfetta per poi approdare a Roma, Torino e Madrid dove riscosse incondizionati apprezzamenti per la leggiadria delle sue composizioni. Suo l’olio su tela La Maga che testimonia le storie e le leggende che popolano l’area dei Monti Sibillini.

In mostra anche le nature morte di affermati specialisti italiani del genere, opere di grande successo per il loro valore decorativo che nella mostra è testimoniato dalle tele di due pittori come Spadino e Cristoforo Munari.

 

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